Ci sono posti che per anni ti hanno lasciato indifferente… nomi di toponomastica persi in una cartina. Cartoline mentali appuntate alla periferia della propria testa.
Poi succede qualcosa. Un movimento minimo, quasi invisibile. E in un caldo giorno di luglio io e G. saliamo su un treno. Ognuno con le proprie idee, i propri sogni e le individuali piccole speranze chiuse nel cuore.
Accade che si viaggia uno di fronte all’altra. Madre e figlio. Libro su libro. Parole su parole. Occhi neri su occhi neri.
Accade che si arriva.
Sottobraccio e con il nostro trolley al seguito camminiamo per strade calde. Sole pallido. Grigio che non è tale. Di una consistenza che colora occhi, viso, capelli e lentamente si adagia in te. Ti avvolge. Ti seduce. Lo fa senza gridare. Senza modi sfacciati. Ti punge come un piccolo ago e lentamente ti trasforma.
Succede che ti affacci da una casa di ringhiera e senti il grido di operai che tirano su una brugola, in un accento che non è il tuo, e il cuore accelera perso in un ritmo diverso.
Alzi gli occhi e un albero, mosso dal vento, racconta storie nuove.
Abbassi lo sguardo e il fiume quieto ti accoglie tra le sue braccia maestose.
Succede che una persona speciale ti accoglie a casa sua. Ti sorride. Ti fa conoscere tutte le sue persone del cuore, che, a loro volta, hanno un cuore grande, magnifico, sorprendente.
Succede che passano due giorni e quando risali sul treno che ritorna a Roma… tu non sei più la stessa. Il cuore pieno di gioia e gratitudine. L’anima leggera e felice.
Grazie Paola. Grazie a tuo marito e ai tuoi meravigliosi figli.
Grazie Torino che, come un amante discreto, mi hai rapito il cuore… per sempre!