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Io su questo mio blog non scrivo quasi mai dei libri che leggo. In tantissimi anni di vita di questo spazio sarà capitato un paio di volte. Eppure, questa volta, voglio fare un’eccezione. Non lo faccio, sebbene le parole abbiano un’importanza fondamentale nella mia vita, perché ho un’opinione poco edificante di quella che viene definita “critica letteraria”. Io leggo e molto. Da sempre. Esattamente come amo l’arte. La respiro. Mi faccio plasmare da essa. Succede anche con la musica e con il cinema. È uno scambio continuo. Una trasformazione. Dicevo, leggo molto ma non mi piace scrivere di libri. Mi sembra ridondante. Ognuno deve trovare una risonanza personale. Sì, ci si consigliano libri tra amici ma se la persona non mi conosce finisce col “propinarmi” letture che non mi sono affini. Tutto questo per esprimere un mio parere su un romanzo appena uscito che ho finito di leggere ieri sera. “Dell’anima non m’importa” di Giorgio Montefoschi.
La dichiarazione dell’autore sta tutta nel titolo. Trecentodieci pagine di vita che scorre in maniera basica ed essenziale. Sembra quasi un fotoromanzo degli anni sessanta. I protagonisti si nutrono. Si abbigliano in modo più o meno elegante e conformista. Viaggiano. Parlano. Tradiscono o evitano di farlo. Muoiono. Poi spengono la luce e vanno a dormire. Tutto con la stessa intensità monocorde. Una pasta al gratin o la morte di un padre hanno lo stesso impatto emotivo.
Potevo risparmiarmi quei soldi e questa pausa per il mio cervello. Se voglio dormire basta solo che io spenga la luce!