Arrivo su, l’ultimo gradino fa a pugni col mio fiato. È una lotta tra i piedi, la forza delle ossa e il mio desiderio di vederti.
La porta rossa, socchiusa. I bordi sono rovinati. Da sempre.
Mi mordicchio le labbra. Ho dimenticato il burrocacao in auto. Appoggio le mani sul pomello. Non faccio in tempo ad aprire la porta, mi ritrovo tra le tue braccia.
“Ehi, tu!”
Il tuo fiato caldo contro le mie labbra ancora gelate. Fuori la tramontana di gennaio. Dentro il tuo respiro.
“Mi sei mancato”
La sciarpa cade a terra. Tintinna. Le paillettes in metallo cantano dispettose contro il pavimento in cotto.
Sento le tue labbra farsi spazio. Cercare la mia lingua. Fame che mi arriva fin nella testa. Scorre senza essere più tua. Mi divora.
Apro gli occhi.
Le mani tese.
“È per te”
Tra le mani, “Il libro n. 9. Le cose. La gente”. Poesie di Trilussa in una vecchia edizione Mondadori.
La lana del tuo maglione mi pizzica i polsi.
Ti guardo.
– Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. –
Baci e baci.
La tua fame. Non più tua. Non ancora del tutto mia.